Succede a Lodi.
Succede che le famiglie che presentano anche solo un extracomunitario nel nucleo famigliare debbano fornire la documentazione dello stato patrimoniale di questo membro.
Fin qui, sembrerebbe tutto normale. Peccato che i documenti richiesti siano quelli dello stato d’origine, e la mancata presentazione di quanto richiesto comporterebbe l’applicazione della fascia massima dei costi di servizio.
Tralasciando le ovvie difficoltà burocratiche (reperire questi documenti da paesi con una legislazione completamente diversa, con tutti i problemi annessi e connessi alla differenza linguistica), fa specie immaginare come persone che scapparono da paesi tutt’ora in guerra – si pensi al Sudan – come possano trovarsi completamente impotenti.
Di fronte ad una difficoltà del genere, è evidente che le famiglie si trovino in difficoltà, impossibilitate ad assolvere un compito che gli è impossibile da compiere. E di conseguenza, non aver la possibilità di usufruire delle detrazioni, con il pericolo concreto di non potersi permettere il servizio.
A Lodi si scenderà in piazza, ci sarà una manifestazione per affermare che i bambini sono tutti uguali, e che c’è la necessità di ripensare questo regolamento voluto da una giunta a guida leghista.
Ma la vera riflessione non è tanto questa. Perché la Lega di Salvini lo aveva dichiarato che questo avrebbe fatto. Ed il Decreto Salvini – che mira esplicitamente ad avviare un processo di dis – integrazione dei richiedenti e degli immigrati – soffia ulteriormente sul fuoco che sta sempre più allentando le giunture della società.
Divide et Impera, direbbero i latini. Separa gli individui, spezzane i legami, per sollevarne nuovamente gli spauracchi e fomentarne le paure.
Ma le colpe non sono solo di questa nuova destra – tremendamente simile a vecchie esperienze vissute decine d’anni fa.
Perché culturalmente e socialmente ad incrinare la convinzione che non è scatenando una competizione tra poveri che si risolvono i problemi, è stata una mancanza di coraggio.
Perché il Partito Democratico avrebbe dovuto forzare la mano sullo Ius Soli. Avrebbe dovuto dare un segnale, scuotendosi via il torpore del non scontentare nessuno per avere il consenso. Fare un passo lì fu pavido tentativo di restare in sella, al posto di lavorare per il bene delle future comunità che si imporranno (a prescindere da Salvini, Bannon e nazionalisti vari).
Ma al Partito Democratico è chiesto di essere riformista, progressista. E per esserlo, serve avere coraggio.
Il Segretario
Giordano Ghioni